giovedì 18 novembre 2010
ROSA DI MACCHIA
Rosa di macchia, che dall'irta rama
ridi non vista a quella montanina,
che stornellando passa e che ti chiama
rosa canina;
se sottil mano i fiori tuoi non coglie,
non ti dolere della tua fortuna:
le invidïate rose centofoglie
colgano a una
a una: al freddo sibilar del vento
che l'arse foglie a una a una stacca,
irto il rosaio dondolerà lento
senza una bacca;
ma tu di bacche brillerai nel lutto
del grigio inverno; al rifiorir dell'anno
i fiori nuovi a qualche vizzo frutto
sorrideranno:
e te, col tempo, stupirà cresciuta
quella che all'alba svolta già leggiera
col suo stornello, e risalirà muta,
forse, una sera.
Giovanni Pascoli (Myricae 1891-1911)
venerdì 5 novembre 2010
C’ERA UNA VOLTA IL “LIMITE”
Tanto tempo fa in un paese piccolo, piccolo,
viveva una bambina di nome Olivia.
Era sempre allegra, non molto vivace, ubbidiente e rispettosa, di aspetto sottile, con degli occhi scuri come le olive che raccoglieva suo nonno e la carnagione che le donava un colorito olivastro quasi come una piccola figlia di Toro Seduto. Il sole non era un problema per lei, anzi d’estate tra un po’ di mare e tanta campagna diventava ancora più scura e con le trecce che la mamma si ostinava a farle portare, non di rado raccoglieva consensi e apprezzamenti all’interno della famiglia che era tutto il suo mondo. Quindi soddisfatta del suo aspetto, che a quell’età è fondamentale, e gratificata per il suo impegno serio, cresceva serena e fiduciosa.
Quando il “limitar di gioventù” si apprestava a trasportarla in una nuova fase, Olivia si rese conto che c’erano ,però, intorno a lei momenti tetri, spaventosi, cupi e tenebrosi come la peggiore notte d’inverno. Freddo e gelo nel cuore, iniziò a sperimentare, fino a quando un caldo tepore non veniva a scaldarla e riapparivano i volti soliti, come se nulla fosse accaduto,tornati alla normalià. La frase “dopo la pioggia viene il sereno, brilla nel cielo l’arcobaleno” fu la sua tenera compagna di tanti di quei momenti!!!
Ogni volta che accadeva, a volte spesso,a volte raramente,
meditava e tramava …… : “quando diventerò più grande risolverò tutto, ……
Fu così che imparò a superare un limite sempre più lontano, il bordo del vaso era sempre più alto e la goccia per farlo traboccare non arrivava mai.......
"La prossima volta"....
"Domani"...
Il domani era irraggiungibile e il coraggio mancava.
Passarono gli anni senza che Olivia si accorgesse che il vaso era diventato enorme, alto come una montagna. Sognava la tranquillità perduta, la serenità sarebbe stato ,per lei, il regalo più importante che un principe azurro potesse portarle. Non fu così...questo principe non era proprio azzurro e soprattutto il castello era abitato da dame e cavalieri non proprio gentili e il suo limite ormai non esisteva più, era come la verginità perduta che non può più essere riacquistata, il limite non torna indietro.
"Ma com'è stato possibile? Un'altra al posto tuo sarebbe sbottata da un pezzo! Ma che non lo sai che c'è un limite a tutto?"
Olivia rifletteva:
“la vita è andata così, ognuno ha il suo destino…beh certo qualcosa in più lo meritavo…”
E tirava fuori la grinta, quella di sempre, per riemergere perché nonostante tutto poi diceva a se stessa “mi puoi piegare una volta ma non puoi spezzarmi per sempre!” . Si guardava intorno e vedeva chiaramente il suo valore, era diversa, impossibile per lei uniformarsi, e se sopportare tanto significava cadere in basso allora quello era l’unico modo per farla cadere in basso, non ce n’erano altri, nessuno l’aveva mai vista piangere tranne sua madre, era se stessa e anche se si era persa di vista un paio di volte, poi si era sempre ritrovata ,poteva tranquillamente guardarsi allo specchio e riconosceva la bambina felice e la ragazza gioiosa, incorreggibile e selvaggia.
In fondo non era ancora finita, la vita le doveva ancora qualcosa di buono.
(Papà non è colpa tua,ti voglio bene,non sono una martire,sono una con il "limite alto".)
giovedì 4 novembre 2010
(STORIA DI ME CHE VOLEVO ESSERE BEAT)
C’è stato un tempo in cui fantasticavo con i poeti della “Beat Generation” , era difficile reperire il materiale, non c’erano computer né Internet, non esisteva un grande “archivio” a portata di tutti, potevo solo leggere. Mi sentivo diversa, alternativa, outsider,anticonformista, mi piaceva la parola "libertà",odiavo la parola "compromesso" perché credevo che solo con una testa che funziona autonomamente si può davvero essere liberi.
C'è stato un tempo in cui mi sono impantanata, statica, ferma, mi guardavo intorno e il mondo intorno a me girava in modo del tutto differente dal mondo nel mio cervello,essere diversa non mi aveva portato avanti ma piuttosto mi stava rallentando. Perchè ?
Adesso, dopo anni di esperienze "normali" le risposte a quel "PERCHE'?" sono più chiare, quasi più accettabili.
L'amore e i sentimenti più saldi della nostra vita si pagano, e la moneta è sempre un dolce compromesso.E' dolce perchè non è una sconfitta, perchè ti avvolge, ti riscalda.
La novità è che adesso vivo in "quel" mondo, quello fuori....
ci ho portato me stessa, quella del pantano e tutto quello che di buono il mio cervello ha partorito.
Cercando di amare tutto nella vita. E' questo essere beat. Se c'è una qualità che ho visto chiaramente in questa generazione, è lo spirito di non-interferenza con la vita degli altri. Ho fatto un sogno in cui non volevo che il leone mangiasse l'agnello e il leone mi saltava addosso e mi leccava la faccia come un cucciolone e poi prendevo in braccio l'agnello e lui mi bacaiva.
Questo è il sogno della Beat Generation.
Secondo Jack Kerouac
venerdì 29 ottobre 2010
I PRATI DI MISS POTTER
Helen Beatrix Potter nasce a Londra nel quartiere di South Kensington, il 28 luglio 1866 da una famiglia molto ricca. Trascorre la sua infanzia accudita ed educata dalle governanti e quando il fratello Bertram viene mandato a scuola, la piccola Beatrix rimane sola, circondata soltanto dai suoi adorati e fantasiosi animali domestici: rane, salamandre, furetti ma i suoi preferiti, però, sono due conigli, Benjamin e Peter che comincia a ritrarre sin da piccola.
D’estate tutta la famiglia Potter si trasferisce nella regione dei Grandi Laghi, già famosa all’epoca come meta estiva, un paesaggio ,fra i più belli d’Europa, dominato da profonde vallate, fiumi, torrenti, cascate e ovviamente laghi: sono circa 15 gli specchi d’acqua che hanno dato il nome a questa regione.
E’ qui che la giovane Potter sviluppa il suo amore incondizionato per la natura.
Nonostante i suoi interessi e le sue ambizioni, i genitori le impediscono di proseguire gli studi e di dedicare tempo ad interessi di stampo intellettuale. Secondo i rigidi precetti vittoriani infatti le donne dovevano occuparsi esclusivamente della casa. Così Beatrix, a partire dai 15 anni comincia a scrivere un diario, ma usando un proprio codice segreto, che verrà decodificato solo 20 anni dopo la sua morte.
Lo zio cerca di inserirla come studentessa presso i Giardini Botanici di Kew, ma la sua richiesta viene respinta perché donna. Inizia però sempre di nascosto, a guadagnarsi la fama di esperta micologa (studioso di funghi). Una raccolta con 270 acquarelli, in cui i funghi vengono disegnati con estrema minuzia, è presente alla Armitt Library di Ambleside. L'Accademia di scienze britannica (Royal Society) rifiuta di pubblicare le sue illustrazioni scientifiche, sempre perché donna.
Decide,quindi, di pubblicare a sue spese "La storia del coniglio Peter" (The Tale of Peter Rabbit), un libro illustrato per ragazzi.
Una delle 250 copie raggiunge la scrivania di Norman Warne, capo della casa editrice Frederick Warne & Co., il quale decide di dare alle stampe il racconto. Dal giugno del 1902 fino alla fine dell'anno il libro vende 28.000 copie. Nel 1903 pubblica un nuovo racconto, "La storia dello scoiattolo Nutkin" (The Tale of Squirrel Nutkin) che ottiene altrettanto successo.
Dai proventi dei suoi libri Beatrix Potter riesce a raggiungere la tanto agognata indipendenza economica, che le occorre per ribellarsi alla rigidità vittoriana della società. Nel 1905 comincia a frequentare il suo editore Norman Warne, ma è costretta a farlo di nascosto per la forte opposizione da parte dei suoi genitori.
Rompe definitivamente con la famiglia ma non riesce a sposare Norman, il quale si ammala di anemia fulminante e muore nel giro di poche settimane.
A 47 anni sposa il procuratore William Heelis, assieme al quale si trasferisce in una grande fattoria a Sawrey, nella regione dei Laghi, circondata da animali: cani, gatti e un porcospino chiamato "Mrs. Tiggy-Winkle".. Dopo la morte dei genitori Beatrix Potter usa la sua parte di eredità per comprare e preservare terreni nella regione e assieme al marito si trasferisce a Castle Cottage, dove morirà il 22 dicembre 1943.
martedì 27 luglio 2010
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve,
Del sole di mezzanotte dove sgorgano le fonti di acqua calda
Il Martello degli Dei guiderà le nostre navi
Verso nuove terre per combattere le orde
Cantando e piangendo: "Valhalla sto arrivando"
(Immigrant Song - Led Zeppelin)
JIMMY PAGE (9 gennaio 1944 a Heston, Middlesex, Inghilterra)
Chitarrista incredibile, che evoca , come pochi altri, sensazioni potenti e primordiali. Nasce come “session man” musicista da studio, in supporto nelle sale di registrazioni e diventa in breve il più richiesto, tanto che gli viene offerto il posto vacante di chitarrista negli Yardbirds di Eric Clapton nel 1966. Nel 1968 il gruppo si scioglie e per Page inizia l’era dei Led Zeppelin, gruppo che forma con Robert Plant, alla voce, John Paul Jones al basso, e John Bonham alla batteria.
Il successo è immediato e i Led Zeppelin sono riconosciuti a livello mondiale come una delle più significative rock band del periodo, pubblicando – soprattutto tra il 1969 e il 1975 – una serie di album ormai divenuti classici del genere, come LED ZEPPELIN I, LED ZEPPELIN II, LED ZEPPELIN III, LED ZEPPELIN IV, HOUSE OF THE HOLY e PHYSICAL GRAFFITI.
Idolatrati come pochi in patria e fuori, ebbero un successo in terra americana che è diventato addirittura leggendario, tanto che trovarono negli Stati Uniti la loro patria sentimentale. La leggenda si è alimentata di anno in anno, da un tour all’altro le voci rimbalzavano, quasi sussurrate, “il virtuosismo di Page era di sicuro opera di Satana” al quale il chitarrista veniva spesso associato.
E non c’era che da guardare per chi voleva credere : durante il loro di splendore nei '70, i Led Zeppelin erano la più famosa band vivente. Il presunto patto tra i Led Zeppelin e il Diavolo ha basi solide nella tradizione musicale popolare, soprattutto se si tiene conto del fatto che iniziarono la propria carriera suonando brani con marcate radici blues. Nel Delta del Mississippi, dove il blues è di casa, la leggenda dice che se un aspirante Bluesman si mette in attesa a un crocevia deserto di campagna nel cuore di una notte senza luna, c'è la possibilità che Satana stesso si presenti per accordargli la chitarra, per firmare un patto con l'anima del musicista e garantirgli in cambio una vita colma di facili guadagni, donne e fama.
Secondo la “credenza popolare” più è grande l'abilità di un musicista, più alto è il prezzo pagato, così un'aura di tristezza pervade il mondo dei musicisti più virtuosi; tutti i grandi lo sanno e ognuno di essi ne prende coscienza e se ne cura a proprio modo. Jimmy Page non fece nulla per smentire certe leggende, anzi gestì le chiacchiere e le alimentò. Orribili racconti erano biascicati da una groupie all'altra, mentre i Led Zeppelin “saccheggiavano” le città e si dirigevano tranquillamente verso nuove mete. In breve tutte le cortigiane del rock da Los Angeles a New York avevano qualcosa da raccontare circa le qualità e le specialità amatoriali di Jimmy Page e Robert Plant, di come i Led Zeppelin si cibassero di donne e ne lanciassero le ossa fuori dalle finestre, di come le ragazze uscivano barcollando alle prime luci dell'alba dagli hotel sul Sunset Strip, con luridi resoconti di invocazioni spiritiche,chiromanzie al lume di candela, di magia sessuale e interminabili orge. Le “pagliacciate” dei Led Zeppelin passarono alla storia, raggiunsero vette estreme, supportati però da un livello artistico altrettanto alto. Furono un modello di depravazione, carisma, lussuria ed eccesso per le bande rock a venire che li avrebbero imitati, ma mai eguagliati a livello musicale,con brani e fraseggi che mai invecchieranno, i loro album sono tutt’ora in catalogo e possono vantare cifre di vendita impensabili per una band disgregatasi più di vent’anni fa.
Alla luce del giorno, erano tutti assai simpatici, dei gentiluomini, presenze sceniche accattivanti,i loro concerti erano interminabili, anche 4-5 ore e sul palco la band eseguiva versioni delle loro canzoni più lunghe e piene di improvvisazioni rispetto alla loro versione in studio, consegnando alla storia un modo di esibirsi dal vivo che oggi è difficile trovare. La loro forza erano i concerti sempre “tutti esauriti”, il gruppo non appariva mai (o quasi ) in televisione , non rilasciava interviste né sgomitava per finire sui giornali. La stampa all’epoca preferiva il glamour nobile dei Rolling Stones ma i Led Zeppelin venivano premiati dai record di vendite e dagli incassi dei concerti. La vera forza promozionale del gruppo era rappresentata dalle performance sul palco: mai semplici spettacoli ma eventi che legavano i presenti, con una musica travolgente e inventando lo stereotipo della divinità rock, in una sorta di telepatia musicale. Il concerto, insomma, era utilizzato anche come banco di prova e sperimentazione Lo spettacolo che si presentava davanti agli occhi era incredibile, devastante, senza sosta, il pubblico impazziva di fronte alle maestose cavalcate chitarristiche di Page, un autentico produttore di suoni, “un dio bellissimo sceso in terra per suonare la chitarra”.
Una forza maestosa che si captava a fior di pelle e di timpani,un flusso interminabile di adrenalina che mandava fuori di testa gli adolescenti negli anni’70
Tutto era perfetto, loro erano perfetti, talmente tanto che , i Led Zeppelin non avrebbero potuto esistere senza qualsivoglia dei quattro componenti.
E la storia confermò questa teoria…nel 1980.
A settembre , alla vigilia dell’ennesimo tour americano , John Bonham muore soffocato, per overdose di alcool
Il 4 dicembre , il comunicato-epitaffio della band: "La perdita del nostro amico e il rispetto per la sua famiglia, oltre al senso di unità che abbiamo sempre sentito, ci hanno portato a decidere che non potremo continuare come prima".
mercoledì 9 giugno 2010
UN VIAGGIATORE
UNO SCRITTORE INGLESE
Joseph Conrad è considerato uno dei principali autori inglesi tra l’ 800 e il 900. Le sue sono storie di mare e di avventura: storie di uomini che vivono sulle onde, trascinati e trascinatori di navi che affrontano la straordinaria solitudine delle acque, infide, infinite, divoratrici di mondi, viaggiatori in preda di continui rischi.
E in effetti prima che un romanziere, Teodor Jòzef Konrad Korzeniowski fu veramente un uomo di mare: orfano di madre e con il padre incarcerato per questioni politiche (la famiglia era originaria di una parte della Polonia annessa alla Russia), crebbe nel sogno di solcare i mari in libertà e lontano dalla terra che gli aveva procurato, fin dall'infanzia, tanto dolore.
Pur essendo nato in Polonia (a Berdicev il giorno 3 dicembre 1857), è di fatto considerato uno scrittore inglese, infatti nel 1886 diventa cittadino inglese.
A soli diciassette anni, spinto da un'irresistibile vocazione per la vita di mare, parte per Marsiglia, dove s'imbarca come semplice marinaio. Navigare significa per lui conoscere soprattutto il mondo marinaresco che si identificava anche in traffici, contrabbando, uomini che si imbarcavano per sfuggire a chissà quale fato.
Per vent'anni viaggia per quasi tutti i mari, ma soprattutto nell'arcipelago malese, sia nella marina mercantile francese che in quella britannica, dove raggiunge il grado di capitano di lungo corso.
Caso più unico che raro, Conrad diviene un maestro della letteratura scrivendo in una lingua, l’inglese, non sua, appresa quando era già un uomo fatto. Tema fondamentale è la solitudine dell'individuo, in balìa dei ciechi colpi del caso di cui il mare è spesso eletto a simbolo. L'eroe solitario di Joseph Conrad è quasi sempre un fuggiasco o un reietto, segnato dalla sventura o dal rimorso, che lotta affrontando con stoicismo le prove che il destino gli ha riservato.
Confrontando i capolavori di Conrad si rimane ammirati ma anche un po’ sconcertati dalla straordinaria varietà creativa dello scrittore, di un narratore sfuggente, che, tuttavia, dà l’impressione di scrivere una continua autobiografia spirituale.
Irripetibile sondatore come pochi dell'animo umano, Joseph Conrad muore per attacco cardiaco il 3 agosto 1924.
Ho scelto qualche titolo :
*La follia di Almayer (Almayer's Folly) 1895
Almayer, un olandese che ha alle spalle una vita di fallimenti e di meschine infamie, è l'unico europeo che vive in una sperduta località del Borneo, solo fra gente che non lo capisce e che lui non può capire.
*Il negro del "Narciso" (The Nigger of the "Narcissus" )1897
Un equipaggio, un universo tutto maschile, un grande regista : il mare.
*Cuore di tenebra (Heart of Darkness) 1899
E’ un breve racconto di circa 150 pagine ,racconta dell'epoca del colonialismo in Congo e della smania di ricchezza (in quel caso l'avorio) che corrode l'uomo.
*Lord Jim (Lord Jim) 1900
Lord Jim è un grande libro, grande anche nelle dimensioni ma straordinario nel saper tener incatenato il lettore al racconto di un’anima. Il tema della fuga dall’ombra feroce della coscienza. Film omonimo del 1965 con Peter O’Toole
*Tifone (Typhoon and Two Other Stories) 1902
«Di tempeste ne aveva incontrate, naturalmente. Era stato bagnato fino all'osso, sbattuto, travagliato... Ma non aveva mai intravisto la forza incommensurabile e la collera smodata, la collera che passa e si esaurisce senza mai placarsi - la collera e la furia del mare irritato.
*Nostromo (Nostromo: A Tale of Seabord) 1904
Le eroiche imprese di un portuale italiano in una repubblica sudamericana, fra avventure e la gelosia feroce di una donna che lo porta alla morte.
*L'agente segreto (The Secret Agent: A Simple Tale) 1907
Tra i primi libri a trattare temi come spionaggio o terrorismo, ma con l'avversione di Conrad per le idee rivoluzionarie negatrici della libertà individuale.
*Vittoria - una storia delle isole (Victory) 1915
Un romanzo di avventura e di destino nei mari del Sud, che è anche una sottile indagine sulle violenze segrete e sulle ambiguità del rapporto amoroso. Romanzo di un destino ineluttabile ha le apparenze del racconto di avventure a tinte forti, ma è anche una sottile indagine psicologica sui sentimenti.
*La linea d'ombra (The Shadow Line) 1917
Un'esperienza, fondamentale nella vita di ogni essere umano, come il passaggio dalla giovinezza all'età adulta è stata raccontata nel tempo molte volte e in molti modi. Conrad regala alla letteratura la "forma" esatta per raccontare quello che siamo, la natura delle nostre ambizioni e delle nostre emozioni. Il racconto ha grandi capacità evocative («riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto si va avanti. Finché si scorge davanti a noi una linea d'ombra [...]» ).
martedì 8 giugno 2010
Quell'estate
(per tutti quelli che erano lì... 1982)
rivelato soltanto ai miei più fedeli amici
la penna, la carta,
lunedì 31 maggio 2010
Ho udito i vecchi, i vecchissimi, dire:« Tutto muta,
William Butler Yeats
Il Passato che Ritorna.
mercoledì 12 maggio 2010
IL RAGAZZO CON IL VENTO NELLE SUOLE
Si tratta di arrivare all'ignoto mediante lo sregolamento di tutti i sensi.
Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti, essere nati poeti,
Non è affatto colpa mia.
È falso dire: Io penso, si dovrebbe dire: mi si pensa.
Scusi il gioco di parole. IO è un altro"
(Arthur Rimbaud lettera al prof. Georges Izambard, 13 maggio 1871)
Nasce dalla sperimentazione e dall'impossibilità di adattamento e il cammino ha un'unica direzione : l’avventura estrema alla ricerca dell’ignoto.Ma proprio perché estema questa avventura contemporaneamente si pone e rivela la sua auto-distruzione: con assoluta onestà intellettuale il poeta ne dichiara il fallimento e la supera, rovesciando i termini stessi della propria logica. Dapprima è la stanchezza ed il dolore e l'inquietudine ambigua degli uccelli chiassosi ; poi la percezione dell'essersi perduto e addirittura la furibonda autoironia, mentre la corsa diventa sempre più ansiosa ed ossessiva : fino alla dichiarata nostalgia per l'Europa dai vecchi parapetti che riconosce il bisogno di una radice. Lo strazio esplode totale ed aperto, con la gridata speranza « Che la mia ciglia scoppi! Che vada in fondo al mare! ». Ed infine il capovolgimento: con serissima commovente consapevolezza Rimbaud, slegandosi dall'immagine di eroe dell'ignoto e degli oceani, si ritrova bimbo triste accoccolato accanto ad una pozzanghera. Ma questa non è una fine: il bimbo ricerca, affidando però sé stesso all'umiltà di una barchetta fragile farfalla.
Forse il viaggio è da ricominciare ma in modo nuovo e diverso.
martedì 11 maggio 2010
I PASCOLI DEL CIELO
mercoledì 21 aprile 2010
Time – Pink Floyd -
TRADUZIONE TESTO
Segnando i momenti che rendono una giornata triste