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martedì 28 agosto 2012

CIME TEMPESTOSE

                                                                                                                                                                                                                                                                     In Gran Bretagna le lande collinari si chiamano moorland e hanno una vegetazione frequentemente chiamata brughiera, dal nome del brugo (calluna vulgaris) molto simile all'erica. 
Si tratta di un piccolo arbusto perenne, a crescita bassa di circa 30-50 cm.
Questi ambienti, noti come luoghi misteriosi e selvaggi, si trovano al centro di diversi racconti, leggende e romanzi : Il mastino dei Baskerville, Il giardino segreto, Jane Eyre......
Certamente quella che ha maggiormente colpito la fantasia e l'immaginazione dei lettori è stata la scrittrice Emily Brontë dello straordinario romanzo, WUTHERING HEIGHTS.
Fu pubblicato nel 1847, un anno prima della morte della sua autrice e su di esso si sono scritti e si scriveranno ancora fiumi di parole per cercare di trovare una chiave di lettura definitiva, perchè i personaggi e i temi rifuggono ogni inquadramento riduttivo.
Potremmo forse ridurre la storia solo nel fatto che i due protagonisti sposano altre persone portandosi dentro la paura e l’impossibilità di appartenersi per sempre?
Cime Tempestose è stato uno dei romanzi più analizzato di tutti i tempi ed è fino ad oggi oggetto di discussioni e critiche. 
George Bataille, scrittore e filosofo francese, che ne curò l'introduzione in una delle tante edizioni la definì "la più bella, la più folle la più violenta storia d'amore".......


Appena pubblicato fu giudicato brutale, cupo ed immorale, creò scandalo nella società ipocrita e convenzionale dell'Ottocento inglese,  per aver rimarcato il tema delle differenze sociali e per aver accennato allo "scandaloso" triangolo amoroso (lui, lei, l'altro). I critici moderni vedono nel romanzo la storia d'amore per eccellenza perchè sublimata dalla sofferenza, priva di qualsiasi accenno di sensualità, riesce a trasmettere la passione e l'intensità del sentimento e si rende indimenticabile.

Charlotte Brontë racconta che la sorella Emily amava la brughiera: 

"Fiori più luminosi delle rose fiorivano negli angoli più oscuri della brughiera per lei, la sua fantasia la trasformava in un paradiso terrestre, un  antro oscuro in una livida collina..."  E ancora " … non c'è un poggio di erica, né un ramo di felce, né una foglia di un giovane mirtillo, né un batter d'ali di una allodola o di un fanello che non mi ricordi di lei.'"  Emily vagava per ore nella brughiera di cui conosceva ogni angolo, anche il più remoto e tetro, nella brughiera lei ambientò il suo unico romanzo e in esso , nei suoi personaggi, nei suoi luoghi,  troviamo lo spirito libero e selvaggio di quella intera regione.                 Il titolo stesso evoca lo stato tumultuoso del suo animo : 'WUTHERING' derivante dal verbo 'WUTHER' ha i seguenti significati :· Muovere con forza o impeto - emettere un suono impetuoso e furioso - tremare, scuotere - colpire con forza.  Come sostantivo WUTHER sta per : impetuoso- soffio di vento-  furioso.        Ma qualsiasi significato vogliamo dare esso evoca comunque e sempre il senso di violenza e forza esplosiva della natura e dell'uomo. Nella prima scena del romanzo ci soffermiamo a riflettere sul fatto che stiamo entrando in un mondo turbolento e selvaggio. "Cime Tempestose" è il nome dell'abitazione di Heathcliff, e andando avanti nella lettura riconosciamo che "Tempestose" è l'espressivo e rude dimostrazione della turbolenza atmosferica a cui è esposta la località quando il tempo è brutto. 

"A qualunque ora, lassù, il vento è puro e costante; si può indovinare la sua violenza dall'inclinazione esagerata di alcuni pini all'estremità della casa, e da un filare di pruni che tendono tutti i rami da una parte, quasi ad implorare il sole in elemosina."                           La brughiera è descritta in tutte le stagioni:    "Nell'inverno nulla di più tremendo, in estate nulla di più delizioso di quelle vallette chiuse tra le colline, di quei poggi sporgenti ed erti, coperti di erica....."             E ancora :     "In un pomeriggio della fine di ottobre o del principio di novembre, un fresco pomeriggio piovoso, che i prati e i sentieri erano fruscianti di foglie ingiallite e umide, e il cielo freddo e azzurro era semicelato da nuvole e da vapori grigio-scuri, che salivano rapidamente dall'occidente, e presagivano abbondanti pioggie,….."

La storia si chiude in una sera di settembre, quando i bagliori dell'estate sono ormai finiti e il gelo dell'inverno è ancora lontano. E' un periodo di dolce riposo, in cielo brilla la luna che ispira un commiato sereno e pieno di pace: "Cercai e subito scopersi le tre lapidi sul pendio vicino alla landa : quella di mezzo era grigia e quasi sepolta nell'erica; quella di Linton semplicemente in armonia col tappeto erboso e il muschio cominciava a crescere ai suoi piedi, quella di Heathcliff era ancora nuda. Indugiai intorno ad esse sotto quel cielo benigno, guardai le falene svolazzare tra l'erica e i convolvoli; rimasi in ascolto del dolce vento che soffiava tra le erbe, e mi chiesi chi mai potesse pensare a tormentosi sonni per coloro che dormivano in quella terra tranquilla."

mercoledì 9 febbraio 2011

EBBENE SI,..HO ODIATO DAISY.


Un uomo solo, guarda “i granelli delle stelle” nella notte estiva e contempla la luce verde al di là della baia.
Un uomo e il suo sogno, infinita nostalgia di un passato e della bellezza posseduta un giorno, cinque anni prima. Si può ripetere il passato? “Certo che si può” è la risposta di Gatsby, che per questo sogno non vive il presente.
Nella New York ruggente degli anni Venti l’affascinante Gatsby offre feste sontuose nella sua villa di Long Island.
Non tutti sono invitati, alcuni si fanno presentare da qualcuno che conosce Gatsby e si comportano come a un parco dei divertimenti senza neppure preoccuparsi di conoscere personalmente il padrone di casa.
Di lui e dell’origine del suo denaro non si conosce molto e si chiacchiera parecchio, è misterioso e romantico,partecipa poco ai suoi stessi ricevimenti dal lusso esagerato.
Mille solitudini s’incontrano e non comunicano .
È l’alta società frivola e ricca che Fitzgerald descrive con sguardo a volte critico, ne apprezza il lusso, l’eleganza, il benessere,ne disapprova il cinismo e l’egoismo, ma il suo Gatsby è un personaggio superiore, è l’uomo che antepone a tutto il sogno puro e incontaminato vissuto nella sua giovinezza.
Gatsby ha un sorriso che conquista.
“Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava – o pareva affrontare – l’intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un pregiudizio irresistibile a suo favore.”
La sera Gatsby volge il suo sguardo alla luce verde del molo al di là della baia, dove vive Daisy.

È a lei che tende le braccia, tremando nella notte, è per poter contemplare l’infinito sogno della sua bellezza che ha costruito lì la sua casa.
Suo desiderio riconquistarla, farla sua per sempre: nella memoria Daisy è rimasta intatta, è un sogno inattaccabile e incorruttibile, più forte e più bello della stessa realtà.
“Non c’è fuoco o gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore”. Egli vuole far rivivere l'amore fiorito prima della guerra tra lui e Daisy, la stessa Daisy che lo rifiutò alcuni anni prima perchè era povero e senza prospettive. Lei ha sposato Tom, un giovane rampollo di una delle grandi famiglie americane, ricchissimo quanto arrogante che la tradisce impunemente, ma le ha garantito quel tenore di vita dispendioso che Gatsby non era in grado di offrirle all’epoca del loro amore.

Gatsby sarà emozionatissimo, addirittura imbarazzato, quando rivedrà Daisy per la prima volta dopo tanto tempo, lei è il suo sogno e non vede al di là di questo, non percepisce la superficialità, il cinismo, l'incoscienza, tipici dei personaggi femminili di Fitzgerald, capaci di far innamorare e contemporaneamente di demolire un uomo. “Erano gente sbadata, Tom e Daisy: sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro sbadataggine”.La voce di Daisy lo avvolge come un canto immortale, in un giorno lontano l’uomo si era per sempre incatenato a quella bellezza. Impossibile adesso, staccarsi da quell’ideale, accettare la morte del sogno. Purtroppo il protagonista morirà senza ottenere la donna che ama da sempre, ma la tragedia, prima di compiersi , è già tutta raccontata nella mancata corrispondenza della realtà con il sogno.
I due mondi distanti, separati dal mare, non troveranno mai un vero punto di incontro, ma la forza di questa storia d’amore è nella speranza, nell’aver creduto al sogno al di là di ogni ipocrisia e nell’averlo alimentato fino all’estremo, anche dopo averlo visto allontanarsi e dissolversi. Ecco perché Gatsby rimarrà un personaggio memorabile.
Gatsby non vive il presente, spera nel futuro, ma il suo sguardo fisso è al passato, al ricordo che custodisce inossidabile, quale perno della sua stessa esistenza.
“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato”.
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IL GRANDE GATSBY
Francis Scott Key Fitzgerald [1896 – 1940]
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mercoledì 12 maggio 2010

IL RAGAZZO CON IL VENTO NELLE SUOLE



"Voglio essere poeta, e lavoro a rendermi Veggente : lei non ci capirà niente,
e io quasi non saprei spiegarle.
Si tratta di arrivare all'ignoto mediante lo sregolamento di tutti i sensi.
Le sofferenze sono enormi, ma bisogna essere forti, essere nati poeti,
e io mi sono riconosciuto poeta.
Non è affatto colpa mia.
È falso dire: Io penso, si dovrebbe dire: mi si pensa.
Scusi il gioco di parole. IO è un altro"

(Arthur Rimbaud lettera al prof. Georges Izambard, 13 maggio 1871)



Appena quattro anni, dai 16 ai 20, per cambiare per sempre la poesia moderna, breve ed intensa esistenza irrequieta ed errabonda,opere poetiche innovative, sublimi e stravolgenti. Arthur Rimbaud , (1854-1891) poeta francese, un maledetto,un mito, un simbolista decadente, un surrealista, mago, alchimista, cabalista, visionario, avventuriero pervertito. Tante le definizioni date di Rimbaud nel corso degli anni da chi lo ha amato e da chi lo ha odiato. Il tema del vagabondaggio e del viaggio rappresentano la parte più affascinante e sofferta e su tutte le altre il componimento “IL BATTELLO EBBRO” esprime il puro desiderio di partire e di vagare senza meta, verso luoghi privi di forma, mutevoli, senza nome; la lirica termina con l’invocazione al naufragio del battello, che rappresenta il poeta, unico esito possibile di questo errare sfrenato dell’io. Un'ebbrezza che non deriva dall'alcool, ma dall'assoluta libertà e dalla capacità di contemplare con occhi vergini gli spettacoli naturali più incredibili e rari, senza nozione usuale di tempo e di spazio.
Nasce dalla sperimentazione e dall'impossibilità di adattamento e il cammino ha un'unica direzione : l’avventura estrema alla ricerca dell’ignoto.Ma proprio perché estema questa avventura contemporaneamente si pone e rivela la sua auto-distruzione: con assoluta onestà intellettuale il poeta ne dichiara il fallimento e la supera, rovesciando i termini stessi della propria logica. Dapprima è la stanchezza ed il dolore e l'inquietudine ambigua degli uccelli chiassosi ; poi la percezione dell'essersi perduto e addirittura la furibonda autoironia, mentre la corsa diventa sempre più ansiosa ed ossessiva : fino alla dichiarata nostalgia per l'Europa dai vecchi parapetti che riconosce il bisogno di una radice. Lo strazio esplode totale ed aperto, con la gridata speranza « Che la mia ciglia scoppi! Che vada in fondo al mare! ». Ed infine il capovolgimento: con serissima commovente consapevolezza Rimbaud, slegandosi dall'immagine di eroe dell'ignoto e degli oceani, si ritrova bimbo triste accoccolato accanto ad una pozzanghera. Ma questa non è una fine: il bimbo ricerca, affidando però sé stesso all'umiltà di una barchetta fragile farfalla.
Forse il viaggio è da ricominciare ma in modo nuovo e diverso.


Mentre discendevo i Fiumi impassibili,
Non mi sentii più guidato dai bardotti:
Pellirossa urlanti li avevano bersagliati
Inchiodandoli nudi ai pali variopinti.
Ero indifferente a tutto l'equipaggio,
Portavo grano fiammingo o cotone inglese.
Quando coi miei bardotti finirono i clamori,
Mi lasciarono libero di discendere i Fiumi.
Nello sciabordio furioso delle maree,
Io l'inverno scorso, più sordo del cervello d'un bambino,
Correvo! E le Penisole andate
Non subirono mai sconquassi più trionfanti.

La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero di un sughero ho danzato sui flutti
Che si dicono eterni avvolgitori di vittime,
Dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari!
Più dolce che per il bimbo la polpa di mele acerbe
L'acqua verde filtrò nel mio scafo d'abete
E dalle macchie di vini azzurri e di vomito
Mi lavò disperdendo l'ancora e il timone.
E da allora mi sono immerso nel Poema del Mare,
Intriso d'astri, e lattescente,
Divorando gli azzurri verdi; dove, relitto pallido
E rapito, un pensoso annegato a volte discende;
Dove, tingendo a un tratto le azzurrità, deliri
E ritmi lenti sotto il giorno rutilante,
Più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
Fermentano gli amari rossori dell'amore!
Conosco cieli che esplodono in lampi, e le trombe
E le risacche e le correnti: conosco la sera,
L'Alba che si esalta come uno stormo di colombe!
E a volte ho visto ciò che l'uomo ha creduto di vedere!
Ho visto il sole basso, macchiato di mistici orrori,
Illuminare lunghi coaguli viola,
Simili ad attori di antichissimi drammi,
I flutti che lontano rotolavano in fremiti di persiane!



martedì 11 maggio 2010

I PASCOLI DEL CIELO





"Una lunga valle si stendeva entro un anello di colline che la proteggevano dalla nebbia e dai venti.Disseminata di querce, era coperta di verde pastura e formicolava di cervi. Al cospetto di tanta bellezza il caporale si sentì commosso...

"Madre di Dio!" mormorò. "Questi sono i verdi pascoli del Cielo ai quali il Signore ci conduce!"


John Steinbeck(1902 – 1968) scrittore statunitense.

Fondamentalmente un cantastorie, un profondo e sensibile testimone di una società pionieristica, coraggiosa e sfortunata, un'anima gentile, che racconta ma non giudica. “I pascoli del cielo” è una raccolta di racconti apparsa nel 1932. Storie di fattorie, di bambini, di famiglie che vengono da lontano e si fermano nella valle, nonostante le maledizioni e le sfortune.