mercoledì 29 agosto 2012

IL TUO NOME E' ANCORA NEL VENTO


Ancora ti cerco tra mille,
in questa piazza,
confusa dal veleno
della vita, che non uccide.
La mia anima si perde
dietro il ricordo della tua dolcezza,
il vento mi parla di te
e il mare allunga le onde.
Respiro di nuovo la brezza
assaggio attimi di salsedine,
rivedo schegge di conchiglie,
disegni sulla pelle.

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martedì 28 agosto 2012

CIME TEMPESTOSE

                                                                                                                                                                                                                                                                     In Gran Bretagna le lande collinari si chiamano moorland e hanno una vegetazione frequentemente chiamata brughiera, dal nome del brugo (calluna vulgaris) molto simile all'erica. 
Si tratta di un piccolo arbusto perenne, a crescita bassa di circa 30-50 cm.
Questi ambienti, noti come luoghi misteriosi e selvaggi, si trovano al centro di diversi racconti, leggende e romanzi : Il mastino dei Baskerville, Il giardino segreto, Jane Eyre......
Certamente quella che ha maggiormente colpito la fantasia e l'immaginazione dei lettori è stata la scrittrice Emily Brontë dello straordinario romanzo, WUTHERING HEIGHTS.
Fu pubblicato nel 1847, un anno prima della morte della sua autrice e su di esso si sono scritti e si scriveranno ancora fiumi di parole per cercare di trovare una chiave di lettura definitiva, perchè i personaggi e i temi rifuggono ogni inquadramento riduttivo.
Potremmo forse ridurre la storia solo nel fatto che i due protagonisti sposano altre persone portandosi dentro la paura e l’impossibilità di appartenersi per sempre?
Cime Tempestose è stato uno dei romanzi più analizzato di tutti i tempi ed è fino ad oggi oggetto di discussioni e critiche. 
George Bataille, scrittore e filosofo francese, che ne curò l'introduzione in una delle tante edizioni la definì "la più bella, la più folle la più violenta storia d'amore".......


Appena pubblicato fu giudicato brutale, cupo ed immorale, creò scandalo nella società ipocrita e convenzionale dell'Ottocento inglese,  per aver rimarcato il tema delle differenze sociali e per aver accennato allo "scandaloso" triangolo amoroso (lui, lei, l'altro). I critici moderni vedono nel romanzo la storia d'amore per eccellenza perchè sublimata dalla sofferenza, priva di qualsiasi accenno di sensualità, riesce a trasmettere la passione e l'intensità del sentimento e si rende indimenticabile.

Charlotte Brontë racconta che la sorella Emily amava la brughiera: 

"Fiori più luminosi delle rose fiorivano negli angoli più oscuri della brughiera per lei, la sua fantasia la trasformava in un paradiso terrestre, un  antro oscuro in una livida collina..."  E ancora " … non c'è un poggio di erica, né un ramo di felce, né una foglia di un giovane mirtillo, né un batter d'ali di una allodola o di un fanello che non mi ricordi di lei.'"  Emily vagava per ore nella brughiera di cui conosceva ogni angolo, anche il più remoto e tetro, nella brughiera lei ambientò il suo unico romanzo e in esso , nei suoi personaggi, nei suoi luoghi,  troviamo lo spirito libero e selvaggio di quella intera regione.                 Il titolo stesso evoca lo stato tumultuoso del suo animo : 'WUTHERING' derivante dal verbo 'WUTHER' ha i seguenti significati :· Muovere con forza o impeto - emettere un suono impetuoso e furioso - tremare, scuotere - colpire con forza.  Come sostantivo WUTHER sta per : impetuoso- soffio di vento-  furioso.        Ma qualsiasi significato vogliamo dare esso evoca comunque e sempre il senso di violenza e forza esplosiva della natura e dell'uomo. Nella prima scena del romanzo ci soffermiamo a riflettere sul fatto che stiamo entrando in un mondo turbolento e selvaggio. "Cime Tempestose" è il nome dell'abitazione di Heathcliff, e andando avanti nella lettura riconosciamo che "Tempestose" è l'espressivo e rude dimostrazione della turbolenza atmosferica a cui è esposta la località quando il tempo è brutto. 

"A qualunque ora, lassù, il vento è puro e costante; si può indovinare la sua violenza dall'inclinazione esagerata di alcuni pini all'estremità della casa, e da un filare di pruni che tendono tutti i rami da una parte, quasi ad implorare il sole in elemosina."                           La brughiera è descritta in tutte le stagioni:    "Nell'inverno nulla di più tremendo, in estate nulla di più delizioso di quelle vallette chiuse tra le colline, di quei poggi sporgenti ed erti, coperti di erica....."             E ancora :     "In un pomeriggio della fine di ottobre o del principio di novembre, un fresco pomeriggio piovoso, che i prati e i sentieri erano fruscianti di foglie ingiallite e umide, e il cielo freddo e azzurro era semicelato da nuvole e da vapori grigio-scuri, che salivano rapidamente dall'occidente, e presagivano abbondanti pioggie,….."

La storia si chiude in una sera di settembre, quando i bagliori dell'estate sono ormai finiti e il gelo dell'inverno è ancora lontano. E' un periodo di dolce riposo, in cielo brilla la luna che ispira un commiato sereno e pieno di pace: "Cercai e subito scopersi le tre lapidi sul pendio vicino alla landa : quella di mezzo era grigia e quasi sepolta nell'erica; quella di Linton semplicemente in armonia col tappeto erboso e il muschio cominciava a crescere ai suoi piedi, quella di Heathcliff era ancora nuda. Indugiai intorno ad esse sotto quel cielo benigno, guardai le falene svolazzare tra l'erica e i convolvoli; rimasi in ascolto del dolce vento che soffiava tra le erbe, e mi chiesi chi mai potesse pensare a tormentosi sonni per coloro che dormivano in quella terra tranquilla."

venerdì 10 agosto 2012

Contro ogni probabilità




Ad averne l'occasione, mi siederei con te sulla spiaggia al calar del sole e ti direi : "Ho capito che fra di noi era tutto troppo complicato, ci volevano troppe energie, abbiamo mollato e ci siamo diretti verso cose più semplici.
Ma quello che per me era semplice..... era un inferno!"
Lo so che non risponderesti, ...per te il passato è cosa chiusa e non vale la pena riparlarne, ............................


ma io ti pregherei :  "Parlo solo se parli anche tu,  rispondi a queste domande"  :

- Ma è stato, forse, solo frutto della mia immaginazione?
- I tuoi ricordi sono precisi o sbiaditi , quale momento ti è rimasto più impresso?
- Quand'è che abbiamo smesso di vederci e di parlarci.
- Fin dall'inizio potevamo rimanere solo amici, chi di noi due ha capito di voler andare avanti e quando?

Ed a conclusione di questa mancata chiacchierata, su una spiaggia deserta, ti scriverei:

"Per paura...scarsa audacia, abbiamo trascurato qualcosa, non abbiamo osato.
Per vanità abbiamo alterato altre cose o altre persone....idealizzato.
Per giustificare la separazione abbiamo accentuato le differenze tra noi, abbiamo calcato le mancanze, abbiamo puntato il dito per rendere il distacco meno pesante.
Ho fatto male i conti, però,.......non mi sono ricordata di spezzare la catena....
perchè fra noi c'è ancora una catena azzurro-acciaio che gira in un vortice furioso da capogiro,
quando affondiamo i nostri sguardi l'uno nell'altra."












lunedì 10 ottobre 2011
























Da quando ti ho perso sento una mancanza fisica, un senso di vuoto, un senso di impotenza.
Guardando indietro vedo la strada percorsa, poi il crocevia, il tuo sentiero diventa diverso dal mio, e vedo in lontananza la spensieratezza, le cadute, le cicatrici, tutte le cose lasciate lì per sempre, intrappolate e incompiute, baci non nati, abbracci non dati, parole non dette.
In quella strada il tempo si è fermato.
In un lungo momento che nessuno potrà mai cancellare.
Ciò che ero a 20 anni , lo sarò per sempre, ma solo lì , su quella strada.
Esisterà sempre la ragazza la cui misera audacia non l’ha aiutata a vivere davvero, da qualche parte, è rimasta nel corpo che la ospitava.
In quei giorni, in quegli anni, ho vissuto con te, ti ho guardato negli occhi, ti ho respirato, e sbiadita mi rivedo  in un tempo ormai immobile, che non rivivrò mai più.......
un tempo lontano fatto di numeri 1986-1987-1988-1989..........
Guardare indietro fa male perché, nascosto,
dietro ad una curva c’è un dolore che torna ogni volta,
ci sono un ragazzo e una ragazza che non incontreremo mai più
e cristallizzato in quel tempo c’è il filo che ancora ci lega.

mercoledì 9 febbraio 2011

EBBENE SI,..HO ODIATO DAISY.


Un uomo solo, guarda “i granelli delle stelle” nella notte estiva e contempla la luce verde al di là della baia.
Un uomo e il suo sogno, infinita nostalgia di un passato e della bellezza posseduta un giorno, cinque anni prima. Si può ripetere il passato? “Certo che si può” è la risposta di Gatsby, che per questo sogno non vive il presente.
Nella New York ruggente degli anni Venti l’affascinante Gatsby offre feste sontuose nella sua villa di Long Island.
Non tutti sono invitati, alcuni si fanno presentare da qualcuno che conosce Gatsby e si comportano come a un parco dei divertimenti senza neppure preoccuparsi di conoscere personalmente il padrone di casa.
Di lui e dell’origine del suo denaro non si conosce molto e si chiacchiera parecchio, è misterioso e romantico,partecipa poco ai suoi stessi ricevimenti dal lusso esagerato.
Mille solitudini s’incontrano e non comunicano .
È l’alta società frivola e ricca che Fitzgerald descrive con sguardo a volte critico, ne apprezza il lusso, l’eleganza, il benessere,ne disapprova il cinismo e l’egoismo, ma il suo Gatsby è un personaggio superiore, è l’uomo che antepone a tutto il sogno puro e incontaminato vissuto nella sua giovinezza.
Gatsby ha un sorriso che conquista.
“Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava – o pareva affrontare – l’intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un pregiudizio irresistibile a suo favore.”
La sera Gatsby volge il suo sguardo alla luce verde del molo al di là della baia, dove vive Daisy.

È a lei che tende le braccia, tremando nella notte, è per poter contemplare l’infinito sogno della sua bellezza che ha costruito lì la sua casa.
Suo desiderio riconquistarla, farla sua per sempre: nella memoria Daisy è rimasta intatta, è un sogno inattaccabile e incorruttibile, più forte e più bello della stessa realtà.
“Non c’è fuoco o gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore”. Egli vuole far rivivere l'amore fiorito prima della guerra tra lui e Daisy, la stessa Daisy che lo rifiutò alcuni anni prima perchè era povero e senza prospettive. Lei ha sposato Tom, un giovane rampollo di una delle grandi famiglie americane, ricchissimo quanto arrogante che la tradisce impunemente, ma le ha garantito quel tenore di vita dispendioso che Gatsby non era in grado di offrirle all’epoca del loro amore.

Gatsby sarà emozionatissimo, addirittura imbarazzato, quando rivedrà Daisy per la prima volta dopo tanto tempo, lei è il suo sogno e non vede al di là di questo, non percepisce la superficialità, il cinismo, l'incoscienza, tipici dei personaggi femminili di Fitzgerald, capaci di far innamorare e contemporaneamente di demolire un uomo. “Erano gente sbadata, Tom e Daisy: sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro sbadataggine”.La voce di Daisy lo avvolge come un canto immortale, in un giorno lontano l’uomo si era per sempre incatenato a quella bellezza. Impossibile adesso, staccarsi da quell’ideale, accettare la morte del sogno. Purtroppo il protagonista morirà senza ottenere la donna che ama da sempre, ma la tragedia, prima di compiersi , è già tutta raccontata nella mancata corrispondenza della realtà con il sogno.
I due mondi distanti, separati dal mare, non troveranno mai un vero punto di incontro, ma la forza di questa storia d’amore è nella speranza, nell’aver creduto al sogno al di là di ogni ipocrisia e nell’averlo alimentato fino all’estremo, anche dopo averlo visto allontanarsi e dissolversi. Ecco perché Gatsby rimarrà un personaggio memorabile.
Gatsby non vive il presente, spera nel futuro, ma il suo sguardo fisso è al passato, al ricordo che custodisce inossidabile, quale perno della sua stessa esistenza.
“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato”.
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IL GRANDE GATSBY
Francis Scott Key Fitzgerald [1896 – 1940]
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martedì 8 febbraio 2011

La mia soffitta


In una tiepida mattina di primavera ti svegli e decidi che è la giornata adatta per revisionare e svuotare la soffitta, lavoro che stai rimandando da troppo tempo.
L’inverno è alle spalle e non hai più l’alibi del freddo che in soffitta intirizzisce le mani.
Ecco la soffitta è questo… un posto freddo e buio all’ultimo piano della casa, un luogo appartato adatto per scaricare oggetti non usati più nella quotidianità ma dei qual non ci vogliamo sbarazzare, la stanza dove rifugiarsi per respirare e staccare la spina, cara anche al grande Dostoevksij che scriveva: "Svolgevo il mio dovere in modo esemplare, ma, appena terminato, correvo nella mia soffitta, indossavo la mia vestaglia, e aprivo i miei autori preferiti, ...”E’ il posto dove si ritorna bambini, ricordando i fantasmi dell’infanzia quando la mamma ci chiedeva di andare a prendere qualcosa e bisognava andarci magari con la candela.
Apri la porta, ti guardi intorno, giri fra gli scatoloni, soffi via la polvere e li apri.


Per tanti anni la soffitta, come la nostra mente, ha trattenuto e conservato valige, scatoloni, cassetti pieni di oggetti, vestiti, vecchie riviste e fumetti, quaderni e libri scolastici sgualciti e ingialliti,
le vecchie pagelle,le foto di papà militare,gli album di figurine Panini dei calciatori, cianfrusaglie ormai date per perse, ricordi dimenticati e irricordabili.
Possedere una soffitta così è come possedere una grande “collezione del passato” intrappolata nelle ragnatele.


Tiri fuori un oggetto caro, una vecchia pallina dell'albero di Natale, e allora ti siedi su quella vecchia poltrona di velluto coperta con un lenzuolo bianco, osservi, ascolti, rimembri.

giovedì 18 novembre 2010



ROSA DI MACCHIA
Rosa di macchia, che dall'irta rama
ridi non vista a quella montanina,
che stornellando passa e che ti chiama
rosa canina;

se sottil mano i fiori tuoi non coglie,
non ti dolere della tua fortuna:
le invidïate rose centofoglie
colgano a una

a una: al freddo sibilar del vento
che l'arse foglie a una a una stacca,
irto il rosaio dondolerà lento
senza una bacca;




ma tu di bacche brillerai nel lutto
del grigio inverno; al rifiorir dell'anno
i fiori nuovi a qualche vizzo frutto
sorrideranno:

e te, col tempo, stupirà cresciuta
quella che all'alba svolta già leggiera
col suo stornello, e risalirà muta,
forse, una sera.

Giovanni Pascoli (Myricae 1891-1911)