mercoledì 9 febbraio 2011
EBBENE SI,..HO ODIATO DAISY.
Un uomo solo, guarda “i granelli delle stelle” nella notte estiva e contempla la luce verde al di là della baia.
Un uomo e il suo sogno, infinita nostalgia di un passato e della bellezza posseduta un giorno, cinque anni prima. Si può ripetere il passato? “Certo che si può” è la risposta di Gatsby, che per questo sogno non vive il presente.
Nella New York ruggente degli anni Venti l’affascinante Gatsby offre feste sontuose nella sua villa di Long Island.
Non tutti sono invitati, alcuni si fanno presentare da qualcuno che conosce Gatsby e si comportano come a un parco dei divertimenti senza neppure preoccuparsi di conoscere personalmente il padrone di casa.
Di lui e dell’origine del suo denaro non si conosce molto e si chiacchiera parecchio, è misterioso e romantico,partecipa poco ai suoi stessi ricevimenti dal lusso esagerato.
Mille solitudini s’incontrano e non comunicano .
È l’alta società frivola e ricca che Fitzgerald descrive con sguardo a volte critico, ne apprezza il lusso, l’eleganza, il benessere,ne disapprova il cinismo e l’egoismo, ma il suo Gatsby è un personaggio superiore, è l’uomo che antepone a tutto il sogno puro e incontaminato vissuto nella sua giovinezza.
Gatsby ha un sorriso che conquista.
“Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava – o pareva affrontare – l’intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un pregiudizio irresistibile a suo favore.”
La sera Gatsby volge il suo sguardo alla luce verde del molo al di là della baia, dove vive Daisy.
È a lei che tende le braccia, tremando nella notte, è per poter contemplare l’infinito sogno della sua bellezza che ha costruito lì la sua casa.
Suo desiderio riconquistarla, farla sua per sempre: nella memoria Daisy è rimasta intatta, è un sogno inattaccabile e incorruttibile, più forte e più bello della stessa realtà.
“Non c’è fuoco o gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore”. Egli vuole far rivivere l'amore fiorito prima della guerra tra lui e Daisy, la stessa Daisy che lo rifiutò alcuni anni prima perchè era povero e senza prospettive. Lei ha sposato Tom, un giovane rampollo di una delle grandi famiglie americane, ricchissimo quanto arrogante che la tradisce impunemente, ma le ha garantito quel tenore di vita dispendioso che Gatsby non era in grado di offrirle all’epoca del loro amore.
Gatsby sarà emozionatissimo, addirittura imbarazzato, quando rivedrà Daisy per la prima volta dopo tanto tempo, lei è il suo sogno e non vede al di là di questo, non percepisce la superficialità, il cinismo, l'incoscienza, tipici dei personaggi femminili di Fitzgerald, capaci di far innamorare e contemporaneamente di demolire un uomo. “Erano gente sbadata, Tom e Daisy: sfracellavano cose e persone e poi si ritiravano nel loro denaro o nella loro sbadataggine”.La voce di Daisy lo avvolge come un canto immortale, in un giorno lontano l’uomo si era per sempre incatenato a quella bellezza. Impossibile adesso, staccarsi da quell’ideale, accettare la morte del sogno. Purtroppo il protagonista morirà senza ottenere la donna che ama da sempre, ma la tragedia, prima di compiersi , è già tutta raccontata nella mancata corrispondenza della realtà con il sogno.
I due mondi distanti, separati dal mare, non troveranno mai un vero punto di incontro, ma la forza di questa storia d’amore è nella speranza, nell’aver creduto al sogno al di là di ogni ipocrisia e nell’averlo alimentato fino all’estremo, anche dopo averlo visto allontanarsi e dissolversi. Ecco perché Gatsby rimarrà un personaggio memorabile.
Gatsby non vive il presente, spera nel futuro, ma il suo sguardo fisso è al passato, al ricordo che custodisce inossidabile, quale perno della sua stessa esistenza.
“Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato”.
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IL GRANDE GATSBY
Francis Scott Key Fitzgerald [1896 – 1940]
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martedì 8 febbraio 2011
La mia soffitta
In una tiepida mattina di primavera ti svegli e decidi che è la giornata adatta per revisionare e svuotare la soffitta, lavoro che stai rimandando da troppo tempo.
L’inverno è alle spalle e non hai più l’alibi del freddo che in soffitta intirizzisce le mani.
Ecco la soffitta è questo… un posto freddo e buio all’ultimo piano della casa, un luogo appartato adatto per scaricare oggetti non usati più nella quotidianità ma dei qual non ci vogliamo sbarazzare, la stanza dove rifugiarsi per respirare e staccare la spina, cara anche al grande Dostoevksij che scriveva: "Svolgevo il mio dovere in modo esemplare, ma, appena terminato, correvo nella mia soffitta, indossavo la mia vestaglia, e aprivo i miei autori preferiti, ...”E’ il posto dove si ritorna bambini, ricordando i fantasmi dell’infanzia quando la mamma ci chiedeva di andare a prendere qualcosa e bisognava andarci magari con la candela.
Apri la porta, ti guardi intorno, giri fra gli scatoloni, soffi via la polvere e li apri.
Per tanti anni la soffitta, come la nostra mente, ha trattenuto e conservato valige, scatoloni, cassetti pieni di oggetti, vestiti, vecchie riviste e fumetti, quaderni e libri scolastici sgualciti e ingialliti,
le vecchie pagelle,le foto di papà militare,gli album di figurine Panini dei calciatori, cianfrusaglie ormai date per perse, ricordi dimenticati e irricordabili.
Possedere una soffitta così è come possedere una grande “collezione del passato” intrappolata nelle ragnatele.
Tiri fuori un oggetto caro, una vecchia pallina dell'albero di Natale, e allora ti siedi su quella vecchia poltrona di velluto coperta con un lenzuolo bianco, osservi, ascolti, rimembri.
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